Gravità Zero, edizione 2022: una chiacchierata con i Bird, i Diamarte e i Fuoricasa

La stagione di “Gravità Zero”, rassegna organizzata dal collettivo NaDir/Direzione Opposta presso lo Scugnizzo Liberato, si è aperta all’insegna delle note taglienti e potenti dei Bird, dei Diamarte e dei Fuoricasa, che, il 26 febbraio sera, si sono esibiti nella sala teatrale “Eduardo de Filippo” del laboratorio di mutuo soccorso di Salita Pontecorvo. Una selezione musicale eterogenea quella del primo appuntamento di “Gravità Zero”, ma anche squisitamente compatta: l’heavy rock dal forte retrogusto stoner-sabbathiano dei Bird, l’energico alt-rock dei molisani Diamarte e l’hardcore punk senza fronzoli dei Fuoricasa hanno offerto al pubblico un’accattivante e grintosa miscela di sonorità underground.
La Rivista Letteraria Mosse di Seppia ha scambiato due chiacchiere con le band, poco prima dell’inizio dello spettacolo: abbiamo posto loro più o meno le stesse domande, scoprendo così tre differenti spiriti artistici dalle sfaccettature interessanti e variegate, con un rapporto del tutto personale con il linguaggio del suono.

In un’atmosfera pre-concerto carica di entusiasmo condiviso e irrefrenabile voglia di musica dal vivo, complice anche la sfiancante chiusura dovuta alla pandemia di COVID-19, catastrofica per gli eventi live, abbiamo cominciato con i Diamarte, quartetto composto da Andrea D’Amico (chitarra e voce), Davide Pacitto (chitarra),  Floriano Gentile (basso) e Piermarino Spina (batteria). La band sannita si è esibita col supporto di un ospite d’eccezione: Carmelo Pipitone, chitarra e voce dei Marta sui Tubi, nonché produttore artistico del progetto molisano.

Il vostro nuovo singolo, “Belzebù” (disponibile al link:
https://www.youtube.com/watch?v=ygV4mU7uBXY) , è caratterizzato da un riff incalzante, ma anche da un’elaborata componente testuale. Raccontateci un po’ il processo creativo che vi porta alla creazione dei vostri brani.

Andrea: “Ogni canzone ha una base di evoluzione diversa. Non abbiamo una regola precisa: possiamo partire da delle note quanto da una parola.”
Piermarino: “L’idea veramente interessante, a mio parere, è partire dal cantautorato: chitarra e voce. Poi, con il contributo della band, il pezzo dei Diamarte nasce.”
Floriano: “Infatti sì: iniziamo sempre con chitarra e voce per poi lavorarci su, aggiungendo, affinando e sviluppando il brano. “Belzebù”, in particolare, è scaturita da una chitarra nuova che ha ispirato particolarmente Andrea, che abbozza la maggior parte dei nostri pezzi.
Davide: “La genesi di “Belzebù” si è concretizzata attraverso due sentieri paralleli: il testo e la musica. Lui [Andrea] aveva questo riff in testa da un po’ di tempo, ma risultava complicato associargli un testo adatto. Con l’aiuto di Carmelo, poi, Andrea è riuscito a conferirgli la sua forma finale.”

Quali sono le vostre principali influenze e i vostri punti di riferimento musicali?

Piermarino: “Io provengo dal mondo degli studi classici: sono diplomato in percussioni al Conservatorio, e i miei riferimenti vanno da Bach e Čajkovskij al cantautorato italiano. Grazie ai miei compagni di band, più vicini al mondo del rock, ho scoperto però nuovi generi e artisti che hanno arricchito il mio bagaglio musicale. Il contributo di Carmelo, inoltre, è stato fondamentale per la nostra identità artistica.
Floriano: “Io ho dei gusti musicali un po’ diversi invece: provengo da ascolti di metal e di band come gli Alice in Chains. Nel nostro disco in uscita, in particolare, ho strutturato delle linee di basso ispirandomi allo stile degli Stone Temple Pilots, sviluppandole poi in fraseggi più specificatamente personali.
Andrea: “Secondo me è un discorso molto soggettivo, perché dipende da ciò con cui sei cresciuto: una volta che porti sullo strumento ciò che hai ascoltato, esce tutto fuori naturalmente. Io, nello specifico, già prima dell’adolescenza, effettuavo sempre un parallelo musica italiana/musica anglosassone: scoprivo i Nirvana, ad esempio, e subito cercavo di trovare un omologo nostrano. Questa attitudine ha sicuramente influenzato il mio modo di fare musica.”
Davide: “Per quanto riguarda me, penso sia un somma di tutte le loro esperienze: nel mio background musicale c’è il cantautorato italiano, l’hard rock, il metal e il post-grunge. I primi Foo Fighters e gli Smashing Pumpkins, in particolare, mi hanno influenzato profondamente.”

Dopo aver salutato e ringraziato i Diamarte, abbiamo ascoltato i campani Fuoricasa, l’anima più scalmanata della serata: Giuseppe Sorrentino (voce e chitarra), Luigi Cirillo (basso) e Antonio Vista (batteria) hanno accolto con piacere la nostra proposta di intervista.

Abbiamo avuto il piacere di ascoltare la vostra demo (disponibile al link:
https://www.youtube.com/watch?v=_zf5-AoXgZg) e siamo rimasti piacevolmente colpiti dalla genuinità del vostro sound grezzo, crudo, quasi primitivo. Quali sono gli ascolti che vi hanno portato all’elaborazione del vostro sound? E come nascono i vostri pezzi?

Antonio: “Proveniamo tutti e tre dalla scena napoletana hardcore punk/emo, e ci ispiriamo ai gruppi screamo ed emo, soprattutto quelli storici della scena italiana come Shizune, Riviera e Batièn.”
Giuseppe: “I nostri brani sono tutti nati provando insieme in saletta. In merito al nostro sound, invece, sì, è volutamente molto grezzo ed essenziale, in pieno spirito punk: abbiamo registrato la demo mettendo semplicemente il microfono al centro della sala prove.

Il punk nasce come genere caratterizzato da un messaggio anti-conformista dalle sfumature politiche e sociali: qual è il messaggio dei Fuoricasa?

Giuseppe: “Essendoci da sempre rapportati a spazi come lo Scugnizzo Liberato, abbiamo comunque interiorizzato una certa idea di libertà, anche artistica: non cerchiamo mai di limitarci.
La nostra musica non ha propriamente delle sfumature politiche: si rifà al concetto della libertà e della condivisione. Questo è il messaggio dei Fuoricasa.”

Ultima, ma non per importanza, la voce dei Bird, formazione composta da Simone Pennucci (voce e chitarra), Pietro La Tegola (basso) e Bruno Lucrezi (batteria).

La vostra proposta musicale, vicina all’immaginario stoner, differisce sostanzialmente dalle altre due band di questo primo appuntamento di Gravità Zero: quali sono gli artisti che hanno contribuito a dar corpo al calderone creativo dei Bird?

Simone: “Ce ne sono tantissimi, e colgo l’occasione di sollevare la questione dello stoner: certo, è una delle nostre componenti, ma noi ascoltiamo e ci ispiriamo a talmente tanti artisti che risulta un po’ difficile conferirci un’etichetta: diciamo che quella precisa dovrebbe essere “heavy rock”, una macrocategoria che va dagli anni Settanta con i Black Sabbath, gli Uriah Heep e tutto quel primo sottobosco di rock duro, passando poi attraverso la psichedelia, il doom e lo stoner, ma anche andando a ritroso nel blues e nel folk soprattutto inglese. Il termine “stoner” può essere appropriato come parola-contenitore per tutti questi spunti che ci affascinano.”

E se doveste sintetizzare il messaggio della vostra musica, quale sarebbe?

Simone: “Non c’è un messaggio univoco. Nei nostri testi, rifacendoci all’immaginario musicale settantiano e ai suoi temi focali (occultismo, fiaba, fantastico, sogno), condensiamo le nostre riflessioni sul mondo attuale, sui moti delle nostre coscienze e del nostro vissuto interiore.”

 

                                                                               PASQUALE SBRIZZI