Il coniglio ballava

Venivano dal mare. Erano affamati. Volevano uccidere tutti, mangiarli e rubarsi le loro vite.
Laura non voleva che un bambino Barbaro – che poi esistevano i bambini dall’altra parte del mare? – si rubasse il suo letto, i suoi genitori, le sue costruzioni, la sua tazza della colazione. Soprattutto la tazza! Era magica: era tutta nera, però quando ci versava il latte caldo compariva un coniglio con una maglietta rossa che ballava, con tutte le note colorate intorno. Anche Laura era un po’ magica: quando toccava le persone, gli passava uno scudo invisibile che li proteggeva per tutto il tempo di quel contatto. Lo faceva sempre con la sua amica Alberta, quando era il loro turno di stare in spiaggia a controllare che non venissero i Barbari dal mare. Dopo la scuola passavano tutti i pomeriggi nella loro postazione, sempre la stessa. Era bello stare lì: si tiravano la sabbia, disegnavano sul bagnasciuga cuori giganti e poi provavano a proteggerli dalle onde.

A volte era un po’ noioso, però. E quando pioveva o faceva freddo non era poi tanto bello, ma i grandi dicevano sempre che se volevano essere buone dovevano difendere la loro isola tutti i giorni. A volte, poi, faceva anche un po’ paura. Quando le sembrava di vedere movimenti strani all’orizzonte,
subito Laura toccava una manica del cappotto di Alberta, per tenerla al sicuro. Poi una nuvola si muoveva, cambiavano le ombre sull’acqua e spariva tutto. Allora Laura glielo diceva alla sua amica, che era lei che col suo scudo trasformava tutti i Barbari in pesci. Pesci neri e affamati, con i denti aguzzi, che si sarebbero mangiati a vicenda sul fondo del mare. Ma che da loro non ci sarebbero mai arrivati.

Una volta li aveva visti davvero, però. I Barbari. Erano lontanissimi, non è che li avesse proprio visti, ma

Aveva visto una cosa nera all’orizzonte, sembrava un pesce gigante che si avvicinava e

Ma no, non era un pesce. Dalla cosa nera venivano echi di urla, i pesci non urlano, i pesci

Non è che li aveva proprio visti, Laura, i Barbari. Però lo aveva capito che erano loro. Erano i Barbari e stavano venendo a mangiare lei, Alberta, tutti i loro amici, anche la mamma. Lo doveva impedire. Laura sapeva quello che doveva fare. Afferrò la mano di Alberta. L’avrebbe difesa sempre con il suo scudo invisibile. E mentre la teneva forte le veniva da correre, ma se lo ricordò che non poteva andarsene, che doveva rimanere al suo posto, che doveva

Ogni punto di avvistamento aveva il suo telefono. Alzare la cornetta significava chiamare in automatico la polizia del mare, era l’unico numero che si poteva raggiungere da lì.

Tremava tutta, mentre la cosa nera urlava e si avvicinava. La cosa nera urlava e si avvicinava e sembrava
proprio una di quelle barche piene di Barbari che

La barca camminava tutta storta, come un gigante un po’ zoppo e con un occhio solo. Forse ce l’avrebbe
fatta, la polizia, a salvarli in tempo, altrimenti

Laura aveva abbastanza potere da salvare tutti? Forse sì, ma tutti erano tanti. I Barbari quanti erano?

Il tempo sembrava essersi incastrato in un sassolino lungo la strada. Andava avanti lentissimo, Laura ci
stava stretta e moriva di paura, tirava calci all’aria.

– Tornatevene a casa vostra!

Era questo che ripeteva con i pugni alzati sua mamma quando vedeva le barche al telegiornale. Ora era lei ad alzare i pugni, così stretti da lasciarsi i segni delle unghie nelle mani, e lo gridava e lo ripeteva, una formula magica per tenere i cattivi lontani, Andate via. Via, andate via.

– Via! Via!

Anche Alberta iniziò a mandare maledizioni contro il carico mostruoso che si avvicinava, si avvicinava muovendosi strano, andando tutto da un lato e tutto dall’altro, tutto da un lato e tutto dall’altro. Quando andava sul lato sembrava di vedere ogni tanto qualcuno cadere in acqua, da quella distanza non si vedeva bene. Forse era il loro modo di prepararsi all’invasione.

– Non vi vogliamo!

Finalmente arrivò la polizia e

Avevano i fucili. La barca si avvicinava. I Barbari urlavano, forse piangevano, forse avevano paura di

No.

I Barbari urlavano. I Barbari erano cattivi. Venivano dal mare per ucciderli, mangiarli, rubarsi le loro vite.

I soldati spararono mille colpi alla pancia della barca. Sparavano ancora quando le urla non si sentivano più, quando continuavano sì, ma sott’acqua. I Barbari erano diventati tutti pesci e i soldati sparavano ancora.

Era finita. Erano salvi.

Andate via.

Via. Andate via.

Il giorno dopo, Laura e Alberta arrivarono alla postazione facendo brillare al sole la loro medaglia nuova.
Erano state bravissime, avevano salvato tutta l’isola dall’invasione. Fecero un cuore gigante nella sabbia.
Quella volta, sulla spiaggia, non ci avrebbero fatto arrivare neanche le onde!

Stavano lì, ipnotizzate dal loro gioiello da regine del mare, quando

Era un pesce rosso enorme.

No, era una bambola gigante. No, era un pupazzo di neve di mare, era un

Galleggiava vicinissimo. Non aveva la faccia, solo una testa nera, una schiena rossa, un sedere di jeans, delle scarpe piccine. Un’onda lo portò sulla sabbia e tornandosene al mare sciolse il loro cuore gigante. Era tutto fermo, tutto fermo tranne

Era mezzo pesce rosso, mezzo bambino. Le braccia gli fluttuavano intorno, senza peso, sembravano tentacoli.

Era per forza mezzo pesce: aveva due tentacoli e stava con la testa verso il mare, con la faccia nella sabbia. I bambini non respirano in quel modo.

Alberta mi guardò.

– Forse lo dovresti toccare.

Ma forse era finto. Sembrava di gomma. Era uno scherzo, un palloncino pieno d’acqua a forma di

Era così chiaro, che la sabbia intorno sembrava nera. Le braccia erano grigie. Non esistono braccia grigie.
Seguivano le onde, ballavano nell’acqua e disubbidivano alla schiena immobile di cotone rosso.

– Laura… usa il potere!

E se poi le mangiava? E se poi

Lo doveva toccare. Sì, ora lo toccava. Lei aveva lo scudo magico. Lei avrebbe

Si accovacciò dietro i piedi del bambino. Gli guardò le scarpe, erano di quelle con lo stretch. Lo stretch.
Qualcuno che non sapeva farsi nemmeno i lacci, se l’avesse attaccata, avrebbe perso sicuro e sarebbe stata più forte lei. Poteva rischiare. Rimaneva con le dita lontane, stavano sopra le scarpe piccine, ma più in alto, lontane, cercavano il coraggio di

– Ma cosa fate?

Nessuno li aveva chiamati, ma erano venuti lo stesso a controllare. Quelli coi fucili.

– Povere bambine, che avete visto…

Le portarono via, le riempirono di carezze, comprarono loro un pezzo di torta, vennero i genitori a prenderle.

A casa, la mamma le preparò il latte caldo.

– Amore mio… passerà presto.

La mamma le parlava piano mentre dalla tazza nera affiorava un coniglio con la maglietta rossa. Il coniglio ballava.

– Lo so che ora non capisci, ma era l’unica cosa da fare.

Questo era papà, con gli occhi stretti vicinissimi ai suoi. Lui sapeva sempre la cosa giusta da dire, ma

Il vapore del latte le faceva sudare il respiro. Il coniglio ballava.

– Lo vuoi un biscotto?

Il latte bollito faceva una patina, a Laura non era mai piaciuta, diventava una pellicola grigiastra che galleggiava nella tazza. Tu la scuoti e quella segue le onde.

Le mani di mamma sui suoi capelli fecero spazio dietro la nuca, dove voleva lasciarle un bacio. Laura si
strinse nelle spalle. Si era persa in una piega grigia del latte. Il vapore le sudava il respiro. Il coniglio ballava.

Mamma sospirò. E Laura invece soffocava nel suo respiro bagnato. Si sentiva soffocare come un palloncino pieno d’acqua a forma di

– Andiamo a dormire, ti va? Ti leggo una storia.

Una storia piena di Barbari che venivano dal mare e di eroi che li sconfiggevano. Una storia che non conosceva bambini fermi con le braccia che seguivano le onde.

Il coniglio ballava. Il latte si raffreddava. Il nero della tazza cancellava il coniglio.

Non la voleva, la storia di mamma. Non voleva il suo bacio. Non sapeva nemmeno se voleva più il potere di fare gli scudi magici. Se lo sfilò dalle mani come un guanto e lo lanciò in aria insieme alle sue prime parole di ritorno dalla spiaggia:

– Via. Andate via.

Sabrina Silvestri