La radice consonantica egizia km.t, convenzionalmente vocalizzata in “Kemet”, significa “terra nera”, ed era uno dei nomi con cui gli Egizi identificavano ciò che poi, successivamente, sarà conosciuto come “Egitto”: con quest’associazione cromatica, il popolo delle piramidi faceva riferimento al limo, il fango scuro fertilizzante lasciato sui campi dalle esondazioni periodiche del Nilo. La storia della civiltà egizia, nata e sviluppatasi lungo le sponde del lunghissimo fiume africano, copre un incredibile arco cronologico di oltre tre millenni: volendo suggerire un esempio un po’ scherzoso per far comprendere l’antichità del popolo dei faraoni, si può affermare che la distanza temporale che separa la nascita di Giulio Cesare dalla Piramide di Cheope è più o meno la stessa di quella che divide il lancio di TikTok dalla datazione originale del Partenone di Atene.
Il fascino dell’Antico Egitto è innegabile e senza tempo: la meticolosità dei riti funerari, la raffinatezza artistica e architettonica e la sua complessa mitologia ne fanno un’esperienza storico- culturale che non smetterà mai di suscitare curiosità e interesse.
Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli vanta la collezione egizia più antica d’Europa, seconda per importanza soltanto a quella del Museo Egizio di Torino: allestita in più sale, costituisce un punto di riferimento in tutto il Sud Italia per tutti coloro interessati ad ammirare l’eredità della terra dei faraoni e le sue tracce nella cultura dell’antica Neapolis.

Quest’anno, in aggiunta alla vasta gamma di reperti esposti al MANN, i curiosi e gli appassionati avranno però un’ulteriore opportunità per assaporare un po’ di Antico Egitto nel capoluogo campano: il 23 ottobre è stata infatti inaugurata al Castel dell’Ovo la mostra “Tutankhamon – Viaggio verso l’eternità”, esposizione internazionale itinerante che, dopo l’esordio negli Stati Uniti e una prima tappa nella città di Firenze nel febbraio 2020, ha fatto rotta verso meridione ed è giunta in terra partenopea, dove resterà fino a Natale. La mostra, organizzata da Innovation e patrocinata dall’Assessorato all’Istruzione, alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, è, come facilmente intuibile dal titolo, incentrata sulla figura di Tutankhamon (XIV sec. a.C), il “faraone fanciullo” della XVIII dinastia, famoso per la sua sfarzosa tomba rinvenuta quasi intatta nel novembre 1922 dall’egittologo britannico Howard Carter nella Valle dei Re. Si trattò di una scoperta sensazionale per l’archeologia, resa indelebile nell’immaginario collettivo anche per la leggenda della “maledizione” che avrebbe portato alla morte i suoi profanatori: la storia, in realtà, fu una bufala creata ad hoc da alcuni giornali dell’epoca in seguito alla dipartita del finanziatore dello scavo, il facoltoso nobile inglese Lord Carnarvon, stroncato pochi mesi dopo il ritrovamento del sepolcro faraonico da una polmonite settica sviluppatasi dall’infezione di una puntura di zanzara. Nessuno tra gli altri membri della spedizione fu infatti colpito dal fantomatico anatema: spirarono tutti ad anni di distanza con il ricordo di essere stati testimoni di un grande passo avanti nell’egittologia.

“Tutankhamon – Viaggio verso l’eternità” è stata curata dalla dott.ssa Clarissa Decembri e comprende sessanta reperti provenienti dalla collezione egizia del Museo Archeologico di Firenze e oltre cento riproduzioni ufficiali degli oggetti più importanti del tesoro della tomba di Tutankhamon, realizzate al Cairo in collaborazione con il Ministero delle Antichità Egizie. Tra le repliche più impressionanti, oltre ai sarcofagi mozzafiato, i vasi canopi e la celeberrima maschera funeraria del giovane faraone, figurano uno splendido trono d’oro, un carro e una maestosa statua del dio-sciacallo degli imbalsamatori Anubi che, accucciato sul suo scrigno dorato, avrebbe dovuto sorvegliare il sonno eterno del monarca egizio. Non mancano inoltre numerose suppellettili tombali più “umili” ritenute utili nella vita ultraterrena, quali cofanetti, armi, sandali e strumenti musicali; e delle sezioni dedicate all’approfondimento sui rituali di mummificazione.
L’esposizione, avvalendosi di un linguaggio semplice e di un’efficace combinazione di archeologia, arte e nuove tecnologie, costituisce un itinerario immersivo e fruibile da tutti: un percorso di ricostruzione della vita e della morte di Tutankhamon, raccontato attraverso la voce narrante dell’attore Bruno Santini nel ruolo di Howard Carter, il cui ologramma è stato realizzato da Image Project. Vi è anche la possibilità di godere dell’esperienza della realtà virtuale creata da Unsquare Life: attraverso l’apposito visore, infatti, il visitatore è proiettato nella tomba del sovrano e può rivivere l’emozione della sua scoperta epocale.

 

                                                                                             PASQUALE SBRIZZI