De profundis
De profundis ai detriti in riva
l’odore di incenso e di salsedine
s’effonde nell’aria plumbea;
una bile nera subitanea
cagiona il singulto delle acque in lutto,
naviga tra le lische e le chincaglie;
il mare accoglie etnie di bottiglie,
ripudia le conchiglie.
De profundis alla raison d’être
delle creature tremebonde,
la carpa dalle pinne consunte
sguazza a carponi agonizzante.
Un querulo lancinante
soppianta il murmure dei frangenti.
Ruglia un vento algido
nell’ombra abbacinante,
un pianto inane,
un grido scaglioso
vellica l’eristico fato.
Alto levato il gabbiano
assiste all’assiduo sfociare
di vetusti arnesi pletorici,
mentre che la folla accorre al lido
ove si celebra il funebre rito.

Occhi di seppia
Sputo nero di cefalopode
il sifone ha fatto centro
Guardarsi negli occhi
ignudarsi di anime
La tua invocava aiuto
dalla sclera nera

La bocca dell’Oltretomba
Al vespro presso l’acropoli
penetro nella grotta di Sibilla.
Ella mi disvela le carte
che illustrano la sorte,
figurano un solo destino: la morte.

Riavvio le gambe e mi ritrovo
in una selva dantesca.
Oltrepassando la verde oscurità
m’immergo per fiatare in un lago.
Appare ai miei occhi Morgana,
che tutto seduce con il guardo.
Le acque scompaiono
e profondo negli abissi dell’Averno.
È un divampare di fiamme,
le mie membra scarlatte
si concedono agli ardori
e mi accascio al suolo esanime.
Il risveglio è il segno manifesto
dell’immortalità peculiare
della mia malestrua emofobia.

Erosione
Spumeggiando le onde si scagliano
sulla frastagliata costa
ininterrottamente…
Un sassolino rotola qua e là
travolto dai frangenti,
è l’umore che accompagna
la fine di ogni estate.
La frescura del vespero
intride l’aria di meste rievocazioni,
il frusciare dei fiotti
rimescola sensazioni fresche
e remote,confonde la retina
che davanti a sé
ritrova le sponde tranquille,
ma scorge, da lungi, una mareggiata.
Il mare giunge ai miei piedi,
sale lungo le caviglie
e poco a poco mi travolge
completamente,
mentre porta via
dei miei frammenti…