SE SOLO VOLESSI
Non sei stanco di negare
Di emigrare
Sfiorare
un’anima in transito senza le gambe?
Non sei stanco di pesare sospiri
Di pesare i pensieri
Erigere muri,
un corpo di stoffa senza le mani?
Non sei affranto per queste partite
Giocate e perdute
Di certo truccate,
un breve rimorso senza le labbra?
Se solo volessi rispondere
A te e a nessun altro
Sarebbe come scrivere,
per penna il cuore, al centro.

FRONDE
Ho fronde sopra la testa,
negli occhi,
sugli occhi.
Iniettati di verde e speranza.
È la speranza.
Fronde sopra l’anima.
Si sollevano sorridenti. Riflettono il cielo. Sussurrano quiete.
Terra e cielo, costanti. Uniti perché distanti.
Non spero, io. Non dispero, no.
Solo fronde, una panchina, un respiro lento
che mi respira dentro.
E si fa strada, in me, incendiando quelle stesse fronde.
Forse già aride, non lo ricordo.
Torneranno verdi; spuntano i germogli
di già robusti. Germogli d’acciaio.
Possibile?
Mi sovrastano, mi sollevano, mi elevano.
Fronde.
Verde: tutt’intorno.
Un unico estremo assolato perfetto verde.
Il verde più nobile abbia mai visto.
Fronde fan da cornice.

Per ogni volta, talvolta, qualvolta.
In centro, il battito.
Primo piano, pian piano accelera.

E quello sguardo, tuo.
Ancora fronde, sugl’occhi chiusi.

E BASTA
Si discuteva, ieri.
Netta la linea. Occhio verde, brutto sorriso
e sincero.
Si discuteva, ieri.
Quando succede che vivi.
Nessun fardello ad ingobbire l’animo tuo.
Rari quegl’attimi. Ossa d’argento, diademi d’avorio
e belli.
Troppo intensi loro da analizzare.
Allora non lo fai.
Ecco, succede,
e vivi. Li vivi.
Domande inutili a porsi, risposte tutte da perdere
e volentieri.
Prendersela comoda.
O scomoda
e poco importa.
Indugiare negli attimi belli, parlarne coi denti sporchi e tra pochi, esigui pensieri
e morti.
Per fortuna, una volta tanto: silenzio.
Quale abisso di quiete. Quale delizia di sete.
Moto di lingue fuggite, felici.
Parlare senza rete. Solo parlare
e bene.
Nelle vuote carezze, ciondolarsi.
Immuni all’interiori torture, ingerenze
e castighi. Smarrirsi.
Dura un tempo, immemore, etereo e storpiato.
E basta, perché è quanto basta.