Ancora siete caduti
nell’errore di immaginare
la nebbia uno scudo,
che stiano tornando
gli inverni delle fiabe,
dei racconti degli avi.
Basterà poco e il cielo arderà
di fumi ma di quei camini
si dimenticheranno presto
e torneranno a bruciare corpi…
carni da sacrificare.
Non andranno nei supermercati:
un comando da casa
e solo vecchi con arti digitali
ricorderanno il sorriso di commessi.
Il profumo della carta plastica riciclata,
nuovi linguaggi narreranno di popoli
scomparsi… carestie, epidemie.
Ancora qualcuno si commuoverà
per il tocco di Angelo Caroselli,
le sue concubine di un tempo remoto
quando si pregava in basiliche ipogee
e i Cimmeri signori di terre nascoste.

Quelle foto digitali… un compleanno,
per i bambini un gioco, una festa,
come quando con la polo marinara
soffiavi candeline, profumo di panna
e polaroid di colori sbiaditi.
Il suo sorriso di madre,
innamorata in un saluto dal balcone,
mentre scende dalle scale.
Poco meno di trenta anni da quel mazzo
sudato, un ragazzino timido:
non è diverso su quel divano tra pareti
di un palazzo antico.
Finiva lì la città, oltre le mura
solo campi, un cimitero monumentale
mentre piano scopri il suo corpo,
il sapore della pelle in gesti dimenticati.
Senti il tremore sui suoi seni,
stagioni passate nello stesso candore
di una luna sbirciata dal vetro,
violette sbocciate in un copione
di false primavere.

—-
In quel tramonto sulla Bassa
quando sale un fresco inaspettato,
ti pare di rivedere quei primi anni:
vecchi sotto il pergolato…
tuo nonno, odore di rane fritte.
Versi da rivedere in un giorno
che vorresti saltare:
la immagini traversare il mare
verso un’isola di antiche civiltà.
Chi costruì quei santuari?
Forse altari per sacrifici
e l’origine di lingue e parole
perdute nella Storia.
Conti in fretta i giorni,
sarà come risentire il profumo di pesche,
carezzare la sua pelle liscia
dopo un po’ di affanno sulle scale…
cigolii e lenzuola da sbiancare.
Nessuno ricorda più il corso del fiume,
interrato dopo un’eruzione
o forse da avide mani di cemento.


Insperata quella pioggia…
così d’improvviso
a rinfescare mattine
quando la foschia si mescola
alle impalcature di campanili.
La sfiori da lontano Porta Lame
– ti pare una chiesa –
e di quella battaglia non parlate,
un dimentico silenzio
come un’edicola chiusa…
giornali mai letti.
Settembre porterà raffreddori,
gole rosse che spaventano
come pesti di Lanzichenecchi;
una morte repentina… un funerale
nella tradizione di fine estate.
Non basterà un piatto di ultime rane
ma quando l’ascensore salirà
la stringerai – forse il timore del cielo…
la sua preghiera prima di dormire,
tuo padre in sogno guardiano della notte.


A Novembre – per lei –
non può che piovere e lo senti
nelle lenti bagnate pedalando
tra borghi su letti di foglie
quando la foschia confonde la sera.
Sono passati i morti ancora lì
quando il treno ferma a Rubiera.
Non conoscevi quei portici,
emiliani nei colori,
del ghetto bruciato nella Storia,
nei riti romanici di una cattedrale.
Scavi nel tempo in stanze di schiavi
come corrieri sulle strade:
la frusta un algoritmo a dettare stagioni.
Riconosci l’Autunno dall’odore di camino
nelle pareti… monastero sconsacrato
e già pensi alle trecce come una cartolina
spedita in vacanza,
un bacio profumato di sapone
prima di una notte di acquazzoni.

La presente selezione di poesie è tratta da Avvento in Febbraio