Dieci estati” è un’opera in versi che racconta l’amore attraverso le parole di un ventenne ed è, in egual misura, una riflessione sul passare del tempo. È l’autore stesso, infatti, che dieci anni dopo decide di rileggere e riscoprire i suoi versi giovanili per chiedersi cos’è rimasto di quel ragazzo che è stato nell’uomo che è ormai, di quelle estati in quella presente. A rispondergli sono proprio i suoi versi di allora, semplici e brucianti come l’amore può essere solo a vent’anni.

Di questo mare

Di questo mare
che scuro come il vino
a tratti mi circonda
non so nulla,
nessun ormeggio
a tenermi stretto alla costa
nessun orizzonte riempie i miei occhi
che tanto, dalla distanza, vorrebbero essere colmati

nessuna mano mi stringe alla sua riva.
Solo in me riesco a trovare qualche spiraglio di senso,
solo in me la coltre grigia si separa
e un timido raggio di luce s’avvicina.

Cosa sono questi rivoli di lettere
che fanno da cornice ai miei pensieri?
Bell’inganno pagine e pagine di pensieri e citazioni,
circondarsi di foto e di contatti…
E trovarsi solo
senza parole
con la vana illusione di toccarsi
mentre ad essere sfiorate
sono solo lettere di plastica

e intanto
il mare come il buio s’avvicina e
nessuna mano che mi stringe alla sua riva.

Quanto vorrei
Quanto vorrei che tu mi guardassi mentre io non ti vedo
sentire il tuo sguardo dietro le mie spalle
mentre non ti penso
avvertire il soffio caldo di un tuo pensiero mentre leggo o rido.
Se solo tu mi pensassi in questo momento
resterei immobile per non uscire dai tuoi pensieri,
per non distrarti
resterei fermo
nella stessa posizione in cui ti sei interessata a me;
fingendo indifferenza
mi mostrerei distante e guarderei oltre il tuo sguardo
oltre la mia vita
e lì mi fermerei con la testa vuota,
solo per non distrarti.
Solo perché avrei paura di far rumore
sebbene solo col pensiero, sebbene solo per un attimo
perché so che al minimo rumore
fuggiresti, come un gatto spaventato…
Se solo tu mi pensassi!

Su Montmartre
Le luci della città
spuntano come spighe d’oro,
uno dopo l’altro
cani di luce calpestano
i campi vicini
dove con fatica
era fiorita la notte.

Ecco tutta Parigi
di fronte ai miei occhi illuminati:
una mela d’oro
in una cesta buia,
una moneta nuova
in una tasca vuota!

È ora di lasciarti andare
È ora di lasciarti andare,
per altre vie.
Ad altri farai sorgere il sole in fondo al cuore
in altri petti smuoverai le tue onde
ed io – lo so! – non ti vedrò più,
la finestra è aperta e volerai via
e presto sarai troppo lontana
per riconoscere la strada del ritorno.

Ma è ora di lasciarti andare.

I tuoi occhi
I tuoi occhi
piccole oasi
verde mare
spume di cristallo,
onde che infradiciarono la mia anima sprovveduta,
lampo che il buio subito ha oscurato;
resteranno sempre mare verde
fino a che non si spegnerà anche il giorno
nell’angolo nascosto
dove riposano i segreti sogni.

Luigi Sepe Cicala nasce nel 1988 a Napoli, dove si è laureato in Filosofia. Attualmente, insegna Storia e Filosofia nei licei e studia la poesia spagnola contemporanea nell’ambito del Programma di Dottorato in Lettere dell’Universidad de Granada. Questa della quale pubblichiamo gli estratti è la sua prima opera in versi.