Come una città

È come una città sconosciuta
sognata una volta
mette paura e richiama.
Richiama vicoli noti
in cui ti perdi se ti addentri (if you step in)
una notte lontana
sotto i basoli storti
le caviglie ritorte
c’era la colpa dell’esame vicino
e una folla e una piazzetta
deserta
appena dietro quella vespa
vento di ruggine e sale
saliva.
Lo senti arrivare
dopo anni, per chilometri.
Ti guarda a lungo e lo senti
inondarti i vestiti buoni.

Ha gli occhi del vento

Ha gli occhi del vento
del vento che prende
che alza la terra
violenta i boschi
del vento che chiude gli occhi
che scombina i pensieri
rotola i giornali
spazza le promesse
spegne accendini e parole.

Ti auguro

Ti auguro di essere ancora
spontanea e ottimista.
Di non perdere l’affanno per la sorpresa
e la corsa per l’esplorazione.
Ti auguro di fidarti sempre,
mento in alto e piedi a terra.
Ti auguro di tenere ogni tanto
i tuoi occhi per te stessa
per guardarti crescere;
le tue piante, salde
per affondare radici;
le tue dita, sporche
per alzare mura piene di finestre;
le tue ore, consacrarle.

Uso i tuoi occhi

Uso i tuoi occhi per scrivere
due versi.
Se c’è un posto
per chi ama a scrivere
(uno scoglio nell’Atlantico
o la punta di un iceberg,
o col corpo nella sabbia e
la testa nel sole del Sahara)
è lì che meriterei di
ridurmi ad uno,
acino di sale.

Vediamoci dieci anni fa

Vediamoci dieci anni fa a Gallarate,
da qualche parte che non so.
Potrei parlarti dei miei libri
e dedicarti i miei silenzi.
E i miei progetti nuovi
e i miei fiori freschi.
Le mie certezze ti coprirebbero
e i miei giudizi intagliati nel legno.
Ma mi vedi ora, cara,
fiori lividi e speranze sfatte
(a heart that’s full up like a landfill)
desublimato spirito gocciolante.