Sono solo un paguro

Lasciatemi in pace.
Dimenticatemi.
In questa lacrima che mi scivola sulla guancia
c’è la mia vita di porcellana
sballottata fra gli scogli del mare.
Plastica e danaro inquinano i cuori
che si fanno neri
che si fanno spinosi
e incoronano teste perdute.
E io che sono ancora bambino
non valgo un amore,
non valgo una carezza.
Rivedo film vecchi e mi arrabbio:
passa il tempo e non vinco l’Oscar.
Ma non ho mai recitato.
Il mondo se lo piglia chi fa, non chi sogna.
Ma io non voglio crederci.
Continuo a sognare.
Da solo:
quale donna vorrà un poeta
che in banca ha solo talleri del regno delle nuvole?
Non so che vedete voi di me
ma sono solo un piccolo paguro
travolto dalle onde,
senza neanche una conchiglia
che mi possa contenere.

Il prezzo del progresso

Addomestica un chicco di grano
ed estirpi cacciatori millenari,
assembla un trattore
e cancelli i secoli scritti nei contadini.
Scrivi una parola
e perdi la memoria di ere;
arriva Gutenberg e cancella gli amanuensi,
arriva internet e cancella anche Gutenberg.
Pistoni, gomme e cruscotto
e non parliamo più al cavallo.
Inventiamo la tv
e non sappiamo più guardare un tramonto.
Due dita sulla calcolatrice
e altri neuroni vanno in cancrena.
Wikipedia e google ci hanno tolto la sapienza,
amazon il discernimento
e i social la voglia di sorridere alla luna.
Ogni cambiamento ha un prezzo.
Che ne sarà di memoria, neuroni e identità
quando il confine tra corpo e macchina

sarà più sottile di uno strato di pelle?
Aveva ragione Guareschi.

Il silenzio che non c'è

Con la lingua provo a imprimere
orme dell’eterno su ombre di realtà.
Inciampo in parole intrise di tempo
le orecchie inchiodate di qua.
Quattro miliardi di anni di luce solare
ma ciò che conta vibra nell’aria.
Inquinamento egotico surriscalda l’anima.
Lo capisco, fra le onde del mare innalzato:
la terra è un tempio in cui tacere
tengo silente il mio flauto.
Ma finisco per parlare:
questa poesia
è solo l’eco
di tante parole inutili.

Il retro delle palpebre

Il retro della palpebre
è il mio luogo preferito.
Come su uno schermo ci proietto i miei sogni
l’ho colorato di speranza e prati
mi ci sono avvolto
quando fuori pioveva la vita
mi sono messo in attesa,
anticamera del sogno
quando il mare spumeggiava ansia.
Non capisco se il mondo sia più vero
di qua o di là dalle palpebre.
Vivetela voi quella vita là fuori
intrisa di sudore e sogni infranti,
cani che mordono cani
per l'illusione di un osso dorato,
corpi compressi in routine di cemento
seguendo come topi il piffero di Mammona.
Tutto è illusione.
Io preferisco trincerarmi dietro a libri,
poesie, storie e alberi,
mi difendono dall'assedio di ciò che chiami reale.
Solo così posso sognare in pace.
Libero è il buio che scelgo,
solo lì riesco a trovare ciò che mi consola:
il silenzio delle immagini.

Il pesce degli abissi

Annuso l’acqua e vedo gli dei,
guardo gli abissi e sento l’eterno,

ascolto la corrente ed ecco le driadi,
inseguo i pensieri e inciampo nei versi.
Gli artisti
e i mistici
non hanno diritti
ma solo un dovere:
imitare il Mistero
come un pesce degli abissi
che prova a raccontare il cielo.
Dicendo grazie.