Per un’ontologia della relazione – Intervista ad Achille Pignatelli

Achille Pignatelli è una delle voci più originali che potremmo avere l’occasione di ascoltare nel nostro tempo frammentato. Poeta e scrittore con due opere all’attivo, I Ritorni, silloge poetica edita dalla casa editrice Homo Scrivens, e Cronache dell’anno zero, romanzo breve pubblicato gratuitamente in formato e-book, Achille è anche un attivista, impegnato costantemente nel costruire, passo dopo passo, il bene per la sua comunità.

Come nasce l’Ospite di sé stesso?
L’Ospite nasce mentre i Ritorni era in stampa, nelle sue battute finali. Le due opere sono state pensate come un unico ciclo, un’unica entità. I Ritorni anticipa alcune cose che verranno sviluppate ne L’Ospite, e L’ospite sviluppa cose già presenti ne I Ritorni. La pandemia mi ha permesso di accelerare il processo di scrittura dell’opera e di riflettere su alcune cose su cui altrimenti non avrei potuto riflettere. Bisogna imparare anche a vedere il buono nelle situazioni catastrofiche, è sempre una questione di punti di vista.
Ogni cosa ha del buono e del bello, così come del brutto e del dolore latente.

Il titolo che un autore sceglie per la sua opera è molto importante. Perchè la tua opera si intitola ‘L’Ospite di sé stesso?’
Sì, è vero, il titolo è molto importante perchè è il nome che noi diamo a quella determinata creatura che è l’opera letteraria. La parola ‘Ospite’ può essere intesa sia come colui che ospita sia come colui che viene ospitato, ma nella mia opera nel titolo c’è innanzitutto una critica immediata all’uomo del nostro tempo, cioè ad un soggetto che ha sviluppato un atteggiamento ostile nei confronti dell’altro e un impoverimento radicale nelle relazioni interpersonali. L’ospite di se stesso è l’uomo che si chiude progressivamente agli altri fino alla totale eliminazione del proprio io. Noi siamo il frutto delle nostre relazioni, perdendo l’altro noi perdiamo sempre anche noi stessi, e questo è il fondo su cui si struttura interamente la mia opera.

Qual è il valore del legame tra gli esseri umani? Qual è il valore dell’amore per te come poeta?
L’io senza relazioni umane è una pura astrazione del pensiero.L’io isolato non esiste, anzi, non può esistere perchè non esiste nulla che non si ponga in relazione con un altro da sé. La mia è un’ontologia della relazione che mira a mostrare che noi non siamo soggetti isolati. Siamo soggetti che hanno un vissuto, dei legami, delle relazioni, e portiamo con noi questi legami che evolvono costantemente: alcuni vengono interrotti, altri rinascono, altri si riprendono, ma viviamo sempre e costantemente di relazione.
L’amore è il presupposto su cui si fondano i legami e le relazioni umane.

C’è un continuo rimando, nelle tue poesie, alla natura. Perchè?
Gli esseri umani hanno costruito lo stato positivo e l’ordinamento sociale per sopravvivere e sopperire alla necessità di determinati bisogni. Con la costruzione delle città abbiamo dimenticato quanto noi, in realtà, siamo natura e quanto la natura sia in noi. Pensiamo a qualcosa che ci è molto vicino, come la Terra dei Fuochi. La domanda che mi pongo è: come fai a bruciare un territorio, il tuo territorio, con dei roghi tossici senza pensare che quelle esalazioni finiranno per avvelenare anche te? Questo vale nel microscopico e nel macroscopico. Il nostro egocentrismo ci ha fatto dimenticare quantol’agire umano possa danneggiare questo elemento per noi imprescindibile che è la natura. Per quanto ci siamo  mpegnati per allontanarci da essa, continueremo ad essere natura, ed è nostra responsabilità tutelarla, anche perchè,
per citare Emily Dickinson, tutto quello che sappiamo è natura.

Come hai vissuto poeticamente la pandemia? E come l’hai vissuta da attivista?
Come autore la pandemia mi ha dato la possibilità di riflettere e di sedimentare sia il mio vissuto sia il vissuto di tutti coloro che mi circondavano. La lettura mi ha aiutato tantissimo nella pandemia soprattutto durante la prima ondata, perchè mi ha consentito di percepire una progressione nel tempo, un andare avanti in giorni tutti uguali, identici.
Come attivista, ovviamente, mi sono dato da fare fin da subito: verso marzo e aprile 2020 ci siamo resi conto dell’emergenza sociale legata ai strati più deboli e fragili della cittadinanza e abbiamo organizzato questa raccolta e distribuzione di generi alimentari. Qui allo Scugnizzo abbiamo organizzato il progetto ‘Scugnizzo Solidale‘ e abbiamo distribuito pacchi alimentari, e la cosa mi ha fatto stare…dire  bene è veramente poco perchè nonostante tutti noi avessimo la mascherina si vedeva la gioia delle persone nel momento in cui portavamo loro appunto il pacco alimentare, e la cosa mi ha veramente fatto stare bene.
Guardare negli occhi la sofferenza degli altri mi ha fatto male, ha innescato un meccanismo di rabbia che ho incanalato in questo progetto.

Cosa significa per te essere un poeta napoletano del 21° secolo?
Per chi ha una determinata sensibilità, l’immensità di questa città è una sorta di eredità da portare con sé. Per me essere un poeta napoletano del 21°secolo vuol dire avere una responsabilità nel fare il possibile per migliorare le cose, per rendere questa città un posto migliore. Per mostrare che Napoli non è la narrazione che le è stata cucita addosso, ma è un cosmo. Napoli è anche volontà di riscatto. Il culto del riscatto dal basso lo trovi essenzialmente qui. Napoli è stata la prima città antifascista d’Europa, che da sola si è liberata dall’occupazione. Bisogna vedere le cose per ciò che sono, e non ricordare solo il brutto, ma anche il bello. Quante cose belle sono successe a Napoli? E’ possibile che solo la bruttezza rimanga impressa?

Nell’Ospite troviamo anche molte poesie in cui il riferimento ad alcuni fatti storici degli ultimi due anni è esplicito. Qual è il ruolo della storia, per tutti noi?
Io mi chiederei più qual è il nostro ruolo nella storia. Il mondo della politica è strutturato in modo tale da farci dimenticare quanto il prendere parola o meno nei confronti della nostra classe dirigente sia qualcosa di importante a livello collettivo. Ci si ricorda dell’importanza del prendere parola solamente in periodo di campagna elettorale, ma la verità è che siamo noi che, quando prendiamo parola, scriviamo la storia, siamo noi che scegliamo o meno di farci travolgere da determinati eventi. Prendere parola è fondamentale non solo per rendersi coscienti e responsabili di ciò che accade ma anche per mostrare amore per chi verrà dopo di noi. È la comunità tutta che deve riflettere su come risolvere determinati problemi, è la comunità tutta che deve prendere parola, e non una sede centrale che non conosce e non può conoscere per suoi propri limiti i problemi di una determinata realtà.

Cosa è per te la poesia?
La poesia è uno spazio di relazione, è un modo per comprendere il linguaggio delle cose e renderlo il più possibile comprensibile. La poesia, in quanto linguaggio, è uno strumento di indagine del reale che serve a connetterci a quella immensa comunità dei viventi e dei non viventi. Sì, anche dei non più viventi. Non
dimentichiamoci che, come vedi, siamo ora in una biblioteca, e ci troviamo a parlare di persone che hanno vissuto centinaia e centinaia di anni fa. Com’è possibile questa cosa? Omero non c’è più. Dante non c’è più. Leopardi non c’è più, ma continuiamo a vivere quello che ci hanno trasmesso, attraverso quella traccia immateriale ma allo stesso tempo concreta che è la poesia. Se io leggo ‘Mi illumino di immenso‘, se io leggo ‘Ed è subito sera‘, quegli stati d’animo diventano miei, vivono nella mia carne, c’è questa risonanza infinita, senza morte, delle parole del poeta nell’io del lettore.
Questa è la potenza della poesia.

 

INTERVISTA DI YASMIN TAILAKH